venerdì 5 ottobre 2012

Decidere per chi votare: Valutazioni

Partiamo da lontano. Fino a 20 anni fa, esisteva la DC (Democrazia Cristiana), aveva oltre il 30% di consensi, insieme al PSI (nel 1990 era arrivato al 18% ) avevano in mano l'Italia. Poi arriva "mani pulite" e fa venire alla luce tutte le ruberie che questi allegri compari (DC-PSI) avevano perpetrato a danno degli italiani, negli ultimi 10 anni (anni '80). Quali ruberie? Prendevano tangenti dagli imprenditori a nome dei rispettivi partiti e si facevano i cazzi loro (nel senso che se li intascavano) in cambio concedevano appalti per mastodontiche "cattedrali nel deserto". I soldi delle tangenti andavano a finire sui loro conti esteri, i soldi per pagare le cattedrali nel deserto li tiravano fuori gli italiani (con tasse e acquisto di bot,cct etc). Tutti, e ripeto TUTTI, gli italiani sapevano di questi sprechi di denaro pubblico e delle enormi tangenti che i vari CRAXI, FORLANI,POMICINO,DE LORENZO etc etc (questi sono solo alcuni dei nomi più noti ma l'elenco dei LADRONI in Italia è lungo quanto un elenco telefonico di Roma, e provincia!) intascavano personalmente e li investivano in ville, beni di lusso,bella vita, conti esteri.... Questa era la situazione alla fine degli anni 80, inizi 90. Era solito, se chiedevi alle persone perchè non si ribellavano, che ti rispondessero "t'attur i nas i vut" (ti tappi il naso e voti nda). In questa risposta c'è tutta la "filosofia dell'italietta" di allora. Stava a significare: questa merda di politici non piace neanche a noi, ma ci fanno stare bene,ci fanno lavorare, ci hanno raccomandato per un posto di lavoro perchè dovrei sputare nel piatto dove mangio? Amen.

Ed è cosi che l'italietta ha proseguito verso l'apoteosi della mediocrità.Ragionare in questo modo ci ha portato dove siamo oggi : se voto la DC perchè mi da il posto di lavoro e non perchè governa bene la nazione è un ragionamento egoistico, se voto DC perchè mi da il posto da primario all'ospedale X (non perchè sono più capace di altri in quel ruolo, ma solo perchè voto DC) arriviamo ad avere vere e proprie capre a dirigere reparti di ospedale, se continuate a fare questo tipo di ragionamento su TUTTI i settori come la scuola, la giustizia, l'economia, le banche, le università,  tutti insomma, arriverete a comprendere perchè oggi siamo nella merda più nera!!!!

Torniamo alla politica. Nel '92 con mani pulite, si è cercato di mettere un freno alla corruzione dilagante, scoperchiando un sistema di tangenti, corruzione,politica volto all'arricchimento di quei politici che governavano e degli imprenditori compiacenti.Fino ad allora indovinate chi aveva pagato? Esatto:gli italiani (pur sapendo dove sarebbero andati a finire i soldi delle tasse, ma si stava bene e allora non fregava più di tanto).

Dicevamo:la DC era al 30% e il PSI al 18%. Dopo la bufera mani pulite questi due partiti non esistevano più.  Domanda: gli elettori? Il 48% degli italiani che votava DC-PSI dove sono finiti? Chi avrebbero votato se i partiti di riferimento non esistevano più?
Certo non il PCI, la bestia nera dell'italietta democristiana, ribelli e quindi non consoni alla causa della mediocrità. Serviva una nuova "entità" che raccogliesse l'eredità di dc e psi. Tentativi di raccimolare i nostalgici dello scudo crociato furono fatti con una nuova dc, guidata da un giovane Casini (si si quello che c'è ancora oggi, dopo 20 anni, ma allora era una novità), che non riusciva ad arrivare nemmeno al 5%, anche il PSI fece qualche tentativo ma è evaporato successivamente. Quindi questi voti chi se li deve prendere??? Dopo un pomeriggio a tavolino(intorno al tavolo c'era gente del calibro di Dell'Utri, tanto per capire chi stava decidendo per l'italia) a confezionare un partito ad hoc per l'italietta, i marpioni della politica italiana si affidano ad un imprenditore indebitatissimo: Silvio Berlusconi. Gli mettono in mano il partito e oltre il 40% di elettori, il resto è storia dei giorni nostri.
In conclusione: dagli anni 80 ad oggi non è cambiato niente! Avevamo un Fiat Duna, gli abbiamo cambiato il colore (da bianco ad azzurro), gli abbiamo messo le foderine in pelle sui sedili, abbiamo oscurato i vetri, abbiamo montato un hi fi potente e montati i cerchi in lega.....ma è sempre una Duna, chiunque la guidi!

Ora sono stanco di sentire e risentire gli stessi discorsi di politici che fanno la faccia sorpresa davanti a questi scandali (lo facevano anche nel 92), sono stanco di sentire che bisogna cambiare (lo dicevano anche nel 92), sono stanco di vedere facce nuove e idiote (come quella di Casini nel 92).Basta, ora decido io. Non voglio più un altro autista per la Duna, non voglio più la Duna!! Piuttosto vado a piedi e voto Grillo!










giovedì 27 settembre 2012

giovedì 6 settembre 2012

Breve storia di una generazione

"Eravamo ragazzi e ci dicevano: “Studiate, sennò non sarete nessuno nella vita”. Studiammo. Dopo aver studiato ci dissero: “Ma non lo sapete che la laurea non serve a niente? Avreste fatto meglio a imparare un mestiere!”. Lo imparammo. 

Dopo averlo imparato ci dissero: “Che peccato però, tutto quello studio per finire a fare un mestiere?”. Ci convinsero e lasciammo perdere. Quando lasciammo perdere, ...rimanemmo senza un centesimo. 

Ricominciammo a sperare, disperati. Prima eravamo troppo giovani e senza esperienza. Dopo pochissimo tempo eravamo già troppo grandi, con troppa esperienza e troppi titoli. Finalmente trovammo un lavoro, a contratto, ferie non pagate, zero malattie, zero tredicesime, zero Tf, zero sindacati, zero diritti. 

Lottammo per difendere quel non lavoro. Non facemmo figli - per senso di responsabilità - e crescemmo. Così ci dissero, dall’alto dei loro lavori trovati facilmente negli anni ’60, con uno straccio di diploma o la licenza media, quando si vinceva facile davvero: “Siete dei bamboccioni, non volete crescere e mettere su famiglia”. 

E intanto pagavamo le loro pensioni, mentre dicevamo per sempre addio alle nostre. Ci riproducemmo e ci dissero: “Ma come, senza una sicurezza nè un lavoro con un contratto sicuro fate i figli? Siete degli irresponsabili”. 

A quel punto non potevamo mica ucciderli. Così emigrammo. Andammo altrove, alla ricerca di un angolo sicuro nel mondo, lo trovammo, ci sentimmo bene. Ci sentimmo finalmente a casa. Ma un giorno, quando meno ce lo aspettavamo, il “Sistema Italia” fallì e tutti si ritrovarono col culo per terra. 

Allora ci dissero: “Ma perchè non avete fatto nulla per impedirlo?”. A quel punto non potemmo che rispondere: “Andatevene affanculo!”. (Breve storia di una generazione)

copiato integralmente da : http://torto45.wordpress.com/2010/10/29/hello-world/

lunedì 3 settembre 2012

Facciamo come la Danimarca, l’equità conviene a tutti

Un articolo che mi è piaciuto. da http://www.libreidee.org/2012/09/facciamo-come-la-danimarca-lequita-conviene-a-tutti/


Cattiva distribuzione dei redditi, debolezza delle imprese, fragilità del sistema bancario e pessima bilancia commerciale. Senza contare «la povertà del pensiero degli economisti». Questa la diagnosi della “grande crisi” del 1929 secondo John Kenneth Galbraith. Quasi un secolo dopo, ci risiamo: «Il capitalismo finanziario sregolato e ipertrofico produce disoccupazione e povertà, mentre arricchisce indecentemente i suoi protagonisti». Chi dice che il capitalismo è morto, e chi ripete che questo è l’unico sistema possibile. Sbagliato: se volessimo, anche noi potremmo imitare la Danimarca, un paese dove i poveri riescono a diventare ricchi e dove il benessere diffuso conviene a tutti. Lo sostiene Davide Reina nel blog “Cado in piedi”: il cambio di paradigma consiste nel passare dal “capitalismo esclusivo”, che tesaurizza la ricchezza a beneficio dei super-potenti, al “capitalismo inclusivo” che costruisce futuro per tutti in regime di equità.
La situazione è drammatica: disoccupazione giovanile al 55% in Spagna e al 36% in Italia. Sono «tassi post-bellici», cui si aggiunge «una disuguaglianza John Kenneth Galbraithsocio-economica in aumento, provocata dalle continue manovre finanziarie draconiane dei governi, messi con le spalle al muro dagli speculatori». E il 2012 è peggio del ‘29: allora non c’erano i computer per muovere in tempo reale masse di denaro enormi, non esistevano “scommesse” come i derivati e non c’erano i famosi Cds, i “credit default swap” svincolati dai relativi titoli di Stato, cioè acquistabili anche da parte di coloro che non ne possiedano il titolo obbligazionario. «In pratica, come se qualcuno potesse stipulare l’assicurazione sulla vita di una persona senza essere quella persona: il che, evidentemente, è una sorta d’incitazione all’omicidio». Perché si è permesso di arrivare a un mercato di “scommesse” pericolose, in cui è lecito puntare sul fallimento di uno Stato? Senza regole, saremo sempre «messi con le spalle al muro da una pressione speculativa senza freni né limiti», che costringe gli Stati a piani di rientro del debito così ingenti e così accelerati da tradursi in riduzioni del Pil.
Siamo alla follia, se qualcuno sostiene che la nuova maniera di governare l’economia consiste nell’orientare le attese degli investitori a livello psicologico, come fa Mario Draghi quando annuncia di voler “salvare l’euro” ottenendo la discesa momentanea degli spread. Protesta Reina: «Ma scherziamo? Dovremmo vivere in un mondo nel quale ci alziamo la mattina preoccupandoci di cosa penseranno trader e speculatori del nostro futuro di nazione? Piuttosto aboliamo il loro, di futuro, e potremo finalmente ricostruire il nostro». Altra vergogna: «Con la sola eccezione dei paesi scandinavi», questa Europa «vede crescere costantemente il proprio tasso di diseguaglianza economico-sociale e, in parallelo, diminuire il tasso di occupazione e la mobilità sociale». Anziché la “crescita”, al centro dell’agenda europea dovrebbero esserci «la riduzione della diseguaglianza e l’aumento del tasso di occupazione, accompagnati da sistemi economici che Mario Draghiconsentano a chi è nato povero di diventare benestante nell’arco della vita grazie al proprio merito e lavoro».
Un mito da sfatare: si dice che, senza crescita, l’occupazione non potrebbe aumentare e la disuguaglianza ridursi. Non è vero: nuove politiche fiscali, che tassassero di più le rendite e i patrimoni e di meno il profitto e il lavoro, ridurrebbero la disuguaglianza e aumenterebbero il tasso di occupazione «anche in uno scenario di crescita zero». Lo stesso “Herald Tribune” sostiene che «un sistema economico sano non dovrebbe consentire ai ricchi di diventare dei “rent seekers”», cioè meri percettori di rendite parassitarie. «La perpetuazione dei grandi patrimoni senza che questi corrano veri rischi imprenditoriali (e quindi senza investire in impresa e lavoro) non è un bene per l’economia, ma un male». Eppure: a livello mondiale, in pratica, oggi esiste un sistema organizzato fatto di paradisi fiscali, e relativa elusione fiscale, che realizza questa perpetuazione.
Insieme con l’eccesso di speculazione consentita, questo sistema forma «un capitalismo esclusivo che premia troppo i ricchi, e crea crescente disoccupazione e povertà per tutti gli altri». Che fare? Sul versante politico è notte fonda: «Manca una riflessione condivisa, al centro dell’agenda politica ed economica internazionale, per rispondere alla domanda essenziale: quale forma di capitalismo adottare per il nostro futuro e per il nostro benessere?». Tremila anni di storia politica conosciuta provano che le dittature non possono essere alternative alle democrazie, aggiunge Davide Reina, mentre la crisi del capitalismo attuale è «la crisi di un modello che ha solo duecento anni di storia alle spalle», e la degenerazione finanziaria non Davide Reinache è una sua ulteriore appendice. Due secoli: «Troppo poco tempo per farci arrivare a dire che quello attuale è l’unico capitalismo possibile».
Scenario inevitabile? «Nossignori. Questo tipo di capitalismo non funziona. Perciò cambiamolo». Come? favorendo il profitto da innovazione, anziché la rendita da speculazione. «Vogliamo tutelare la dignità e il lavoro oppure subordinarli, sempre e comunque, alla massimizzazione del profitto “costi quello che costi”?». Parlano da soli gli sguardi degli operai dell’Ilva di Taranto, «che si sentono burattini di un gioco più grande di loro e che viene deciso senza di loro». Oggi un operaio italiano guadagna mille euro al mese, mentre un collega cinese appena 200: ma è la stessa cifra, se si tiene conto del costo della vita e del potere d’acquisto. Colpa dell’attuale globalizzazione, che colpisce ovunque il reddito da lavoro ad esclusivo vantaggio del reddito da capitale. «Alla fine del grande trasferimento a oriente della produzione europea, a dieci anni dall’entrata della Cina nel Wto, lo stipendio dell’operaio italiano e quello del suo corrispondente cinese ci restituiscono una comune povertà redistribuita su scala globale, per il reddito da lavoro».
Gli indignados di Madrid, i manifestanti di “Occupy Wall Street”: proteste legittime e illuminanti, «figlie di un’economia reale bistrattata dalla finanza, e di una cittadinanza vittima designata e carne da macello fiscale dei disastri che combinano i banchieri, senza rispondervi con un progetto nuovo di economia e di società, saremo destinati a veder degenerare questa protesta in violenza». La radice del problema? Sta nel credere che anteporre l’uomo al profitto sia inefficiente, mentre è vero il contrario: «Perché creando un’economia in cui l’uomo viene mercificato, si determina un contesto talmente spietato da indurre nella collettività stessa la mancanza di una vera speranza per l’avvenire». Un’economia senza futuro, che vive unicamente il presente senza investire per gli anni che verranno, non è solo triste, ma anche profondamente inefficiente. E se la dignità dell’uomo non è merce negoziabile, allora il capitalismo «non può che essere inclusivo di tutti gli uomini». Ovvero: «Deve essere l’opposto, per intenderci, di questo Occupy Wall Streetcapitalismo esclusivo che permette l’accumulo di ricchezze tanto immense da diventare quasi irrealistiche, nella loro entità».
Come uscirne? Occorre «favorire fiscalmente il profitto d’impresa e il reddito da lavoro, e penalizzare con tasse più elevate le rendite di qualsiasi tipo (finanziario, immobiliare)», perché «un’eccessiva tesaurizzazione del capitale o, in altre parole, un capitale che ha maggiore convenienza nell’essere perpetuato attraverso la rendita, invece che nell’essere investito in attività produttive, è la ragione del declino economico e sociale delle nazioni. Ce lo dice la storia». Altra categoria fondamentale: la qualità dell’economia e la sua equità. «Un imprenditore che dà lavoro a mille operai non può pagare, alla fine dell’anno sul suo reddito d’impresa, la stessa aliquota di un gioielliere che dà lavoro a quattro o cinque dipendenti. Deve pagare un’aliquota inferiore, se vogliamo far crescere l’occupazione». Determinante il fattore-innovazione, che salvaguarda il prodotto e moltiplica i posti di lavoro: «Quanto più un’impresa investe in ricerca e sviluppo, tanto meno dovrebbe pagare di tasse», se si vuole «far crescere il tasso di occupazione stabile», anziché quello dei precari lavori temporanei, che «non generano in chi li occupa nessun sogno, nessuna volontà di progettare il proprio futuro e di investire: sono posti di lavoro inutili per una buona economia».
Deve cambiare la politica fiscale a livello internazionale: il prelievo effettivo deve crescere di fronte al crescere del reddito. «Oggi ci ritroviamo in una situazione opposta, nella quale il miliardario Warren Buffett (sono le sue stesse parole) paga tasse inferiori in percentuale sul reddito di quanto non ne paghi la sua segretaria. C’è qualcosa che non funziona. Il punto è che il sistema organizzato dei paradisi fiscali, e della relativa elusione fiscale, è più avanti delle normative e della politica», sostiene Reina. Così come per la finanza, «occorrerebbe una Bretton Woods per le tasse che si ponesse l’obiettivo di eliminare questi paradisi fiscali, costringendo il capitale accumulato a emergere per essere reinvestito in attività produttive e generatrici di nuovi posti di lavoro». Oggi invece il capitale viene «parcheggiato in luoghi nei quali la tassazione è praticamente nulla e, dunque, può perpetuarsi senza correre rischi». Stiamo parlando di trilioni di Joseph Stiglitzdollari “congelati”, pari a una grossa quota del Pil mondiale. Un accordo internazionale per reimmettere questo denaro nel circuito economico sarebbe ossigeno per l’occupazione e il benessere di tutti.
Inoltre, aggiunge Reina, un capitalismo inclusivo deve coniugare la riduzione della diseguaglianza sociale ed economica con l’aumento della mobilità sociale intra-generazionale. Nel “capitalismo inclusivo”, l’ascensore sociale funziona: «Per un povero in gamba che diventa benestante grazie alla propria capacità e competenza, ci deve essere un ricco che s’impoverisce a causa della sua incapacità e incompetenza. Altrimenti non funziona». Fondamentale la leva fiscale: deve favorire il reddito da lavoro e il capitale di rischio delle imprese, scoraggiando la rendita finanziaria e patrimoniale. E poi la formazione: «Nell’economia della conoscenza in cui viviamo, il non garantire ai meno abbienti l’accesso a quella conoscenza equivale a una ghettizzazione preventiva». Il “capitalismo inclusivo” funziona e conviene, «solo che finora siamo riusciti a realizzarlo in paesi piccoli come Danimarca, Svezia, Norvegia, Svizzera, Olanda». Non a caso, «sono i paesi nei cui titoli di Stato tutti vogliono investire». Paesi stabili: meno violenza, meno furti e truffe, meno reati, meno carcere. Cresce la natalità, sale il grado di salute delle persone. «Siamo Leonardo da Vincitutti più onesti, più felici e più sani, in uno stato il cui capitalismo persegua una minore diseguaglianza e l’inclusività».
Modelli non replicabili? Falso: la dimensione non è mai stata un ostacolo, nell’applicare un modello efficace. Come scrisse Leonardo da Vinci, «Dio inventò il gatto, affinché l’uomo potesse accarezzare la tigre». Se Usa, Inghilterra e Francia non hanno ancora imboccato la via del capitalismo inclusivo è per via dello strapotere degli interessi precostituiti «che difendono il capitalismo esclusivo». Eppure il capitalismo esclusivo è socialmente doloroso. «Gli Stati Uniti, che sono i campioni di quel modello, hanno un numero di detenuti che in proporzione è il quintuplo di quello della Danimarca. Sempre negli Stati Uniti, un individuo che nasce povero ha il 50% di probabilità di rimanere povero anche da adulto», mentre «in Danimarca questa probabilità scende al 25%». E ancora: «Il capitalismo esclusivo è ingordo, e si tiene per sé tutta la torta lasciando al ceto medio-basso giusto poche briciole per sopravvivere». Nel 2010, l’1% degli americani più ricchi si accaparrò il 93% degli utili. «Il capitalismo esclusivo non fa pagare la crisi a tutti, ma solo al ceto medio-basso». E’ la perpetuazione della rendita organizzata su scala globale: secondo Joseph Stieglitz, il 20% degli americani attualmente possiede l’85% di tutta la ricchezza degli Stati Uniti.

sabato 1 settembre 2012

Mobili di Cartone




Ho trovato questo sito che vende mobili di cartone

http://kartongroup.com.au/

mi chiedevo ma con cosa la fanno la spedizione, cioè dove li mettono per inviarteli? Se li mettono negli imballaggi di cartone, l'imballaggio mi costa quanto i mobili? E ancora: Non rischio di confondermi tra imballaggio e prodotto? Come faccio a vedere se manca qualcosa o c'è qualcosa in più?

martedì 7 agosto 2012

La mia Spending Review

Sono i tagli alle spese, significa tirare la cinghia, ma Spending review è decisamente più cool. Inevitabilmente qualche statale perderà il lavoro ( non mi dispiace più di tanto, visto come sono andate le cose negli ultimi quarant'anni in Italia, molto probabilmente lo statale licenziato occupava abusivamente il suo posto, perchè anni prima aveva chiesto la raccomandazione al politico di turno ed è stato accontentato, ora visto che la situazione è degenerata , anche grazie al suo comportamento, è giusto che perda quello che ha ottenuto abusivamente!) . A parte lo sfogo, uno dei settori che, a mio parere, andrebbe rivisto è quello dei lavori pubblici. Avete mai notato gli importi sui cartelloni informativi davanti ai cantieri? "Rifacimento tetto" importo dei lavori 1.452.047,38 euro!!!!!!!!! e con che cazzo lo state facendo il tetto???? In kevlar??? oppure "lavori di rifacimento manto stradale" (che significa "asfaltare" una via, ma "rifacimento del manto" costa di più!!!) lavoro per 400 mt di strada importo 968.654,75 euro!!!!! Facciamo due conti: Un qualsiasi piastrellista per la posa in opera di un pavimento ci chiede mediamente 30 €/mq , aggiungendo poi le piastrelle, e visto che vogliamo fare un bel lavoro le scegliamo di prima qualità, quindi spendiamo 50 € /mq , voglio aggiungere anche un buon collante da 10€ al mq ( diciamo che attacco ogni piastrella con i tubetti di attack). Vediamo quanto mi costano 400 metri di strada. Ipotizziamo una larghezza di 6 metri (una cosa media) 400mt x 6 mt = 2400 mq  Pavimentare 2400 mq mi costa:

2400mq x 30 €/mq = 72000 al piastrellista
2400mq x 50€/mq = 120000 di piastrelle
2400mq x 10€/mq = 24000 di attack (o collante)

totale   216.000 €  perchè dovrei spendere più di 700.000 euro in più per l'asfalto quando potrei avere delle bellissime mattonelle????? E non mi venite a dire che sulle mattonelle si scivola perchè LE METTO CAPOVOLTE!!!!!!

La domanda è: a chi o a cosa servono questi 700 mila e rotti euro? Ho un presentimento...serviranno per caso a comprare case (a loro insaputa) ai politici che ricambiano con nuovi ( e più generosi ) appalti?

Ecco, io farei cosi : Mettiamo le mattonelle anzichè l'asfalto sulle strade italiane, risparmiamo qualcosa* e facciamo lavorare i piastrellisti.

*se si considera che in italia ci sono circa 8000 comuni (da Milano a Ortucchio) più o meno grandi, il risparmio (ogni 400 mt di strada piastrellata) ammonterebbe a 5 miliardi e 600 milioni di € e stiamo parlando solo di 400 mt di strada......